IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA 
 
 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 494 del 2019, proposto da Bonfor S.r.l., in persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentato  e   difeso
dall'avvocato Paolo Gaggero, con domicilio digitale come  da  PEC  da
registri di giustizia; 
    contro Comune di  Finale  Ligure,  in  persona  del  sindaco  pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Rocca, con
domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; 
    Regione Liguria, non costituita in giudizio; 
    Per l'annullamento del provvedimento di cui alla nota del  Comune
di Finale Ligure, prot. n. 15808  in  data  8  maggio  2019,  recante
l'esito di una istanza di valutazione preliminare ai sensi  dell'art.
35, comma  3,  della  legge  regionale  n.  16  del  6  giugno  2008,
presentata con riferimento alla modifica di destinazione d'uso da RTA
(denominata Bristol) a residenziale dell'immobile sito in via Madonna
n. 15, censito al N.C.E.U. al foglio n. 25, mappale 238, con la quale
il dirigente dell'ufficio tecnico comunale  ha  espresso  «definitivo
parere contrario all'istanza di cui in oggetto per i motivi  espressi
nelle premesse», e  di  ogni  altro  atto  presupposto,  antecedente,
conseguente  o  comunque   connesso   con   quello   impugnato,   ivi
espressamente comprendendo, in quanto occorra la nota prot.  n.  9399
del  12  marzo   2019,   di   comunicazione   dei   motivi   ostativi
all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10-bis della legge
n. 241 del 1990; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  del  Comune  di  Finale
Ligure; 
    Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 21  ottobre  2020,  il
dott.  Luca  Morbelli  e  uditi  per  le  parti  i  difensori,   come
specificato nel verbale; 
    La societa' Bonfor S.r.l., impugnava, chiedendone l'annullamento,
la nota del Comune di Finale Ligure, prot. n. 15808 in data 8  maggio
2019, recante l'esito di una istanza di  valutazione  preliminare  ai
sensi dell'art. 35, comma 3, della legge regionale n. 16 del 6 giugno
2008, presentata con riferimento alla modifica di destinazione  d'uso
da RTA,  residenza  turistico  alberghiera  (denominata  Bristol),  a
residenziale dell'immobile sito in via Madonna,  n.  15,  censito  al
N.C.E.U. al foglio n. 25, mappale 238,  con  la  quale  il  dirigente
dell'ufficio  tecnico  comunale  ha   espresso   «definitivo   parere
contrario all'istanza di cui in oggetto per i motivi  espressi  nelle
premesse». 
    Veniva,  altresi',  impugnato  ogni   altro   atto   presupposto,
antecedente,  conseguente  o  comunque  connesso,  ivi  espressamente
comprendendo,  la  nota  prot.  n.  9399  del  12   marzo   2019   di
comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda,  ai
sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. 
    La ricorrente esponeva nella narrativa in fatto quanto segue. 
    A seguito di una procedura  esecutiva  immobiliare,  la  societa'
Bonfor S.r.l. e' risultata aggiudicataria di  un  edificio  destinato
nel titolo edilizio ad R.T.A sito in Finale Ligure - via Madonna,  n.
15. 
    Al momento della realizzazione, con atto  rep.  n.  103396  racc.
37735 del 15 maggio 2009, l'allora proprietaria si impegnava in forza
dell'art. 7 della l.r. n. 2/2008 e dell'art. 6 delle  norme  generali
di attuazione del PUC ed ai sensi dell'art. 7 dell'appendice  1  alle
NGA,      a      mantenere      l'immobile       a       destinazione
ricettiva-turistica-alberghiera. 
    La ricorrente ha deciso di avviare  un  procedimento  finalizzato
alla modifica della destinazione d'uso  dell'immobile  in  questione,
per trasformarlo in residenza. 
    A tale scopo, ai sensi dell'art.  35,  l.r.  n.  16/2008,  il  21
dicembre 2018, la societa' chiedeva al comune una formale valutazione
preliminare sull'ammissibilita' della modifica di destinazione d'uso,
con variante urbanistica, da R.T.A. a residenziale. 
    Successivamente, con nota prot. n. 9399, il comune comunicava  un
preavviso  di  diniego  all'accoglimento  della  domanda,  ai   sensi
dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. 
    Con nota prot. n. 15808, in data 8  maggio  2019,  il  Comune  di
Finale   si   esprimeva   definitivamente   sull'istanza    avanzata,
sostenendo,   ai   sensi   della   normativa    regionale    vigente,
l'impossibilita' di effettuare un mutamento di destinazione d'uso. 
    A fondamento del ricorso la parte ricorrente deduceva due motivi: 
        1) violazione dell'art. 7 della legge regionale n. 32 del  12
novembre 2014 (gia' art. 7 della legge regionale n. 2 del 7  febbraio
2008). Eccesso di potere per difetto dei presupposti  e  travisamento
dei fatti. Eccesso di potere per immotivata contraddittorieta' con la
convenzione rep. n. 103396, raccolta n. 37735, del 15 maggio 2009. Il
provvedimento impugnato violerebbe l'art.  7,  l.r.  n.  32/2014.  La
ratio della norma consisterebbe nell'evitare incontrollati  mutamenti
di destinazione d'uso  delle  R.T.A.  mediante  normali  procedimenti
edilizi. Tuttavia, non impedirebbe a un comune, con le  procedure  di
legge  previste  per  stabilire  in   sede   di   pianificazione   la
destinazione urbanistica degli immobili, di  promuovere  appunto  una
variante che stabilisca la possibile destinazione a residenza  di  un
immobile gia' destinato a R.T.A.; 
        2)   in   via   subordinata.   Invalidita'    derivata    per
illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge regionale n. 32
del 12 novembre 2014 (gia' art. 7 della legge regionale n.  2  del  7
febbraio 2008). Contrasto con gli articoli 41, 42, 117  e  118  della
Costituzione. In primo luogo l'art. 7, l.r. n. 32/2014 contrasterebbe
con l'art. 42 della  Costituzione,  in  quanto  l'imposizione  di  un
vincolo di natura economica, come quello di destinazione a  residenza
turistica alberghiera e/o ad altro uso produttivo,  lede  il  diritto
del proprietario dell'immobile di decidere  dell'utilizzabilita'  del
bene medesimo. In secondo  luogo,  violerebbe  l'art.  41,  comma  1,
Costituzione poiche' imporrebbe al privato di svolgere  attivita'  di
impresa, nel senso  di  dover  utilizzare  un  proprio  immobile  per
esercitarvi  obbligatoriamente,  o  farvi   svolgere,   appunto   una
attivita' produttiva. Infine, la sopracitata disposizione sarebbe  in
contrasto con gli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, nonche' i
correlati  principi  di  tutela   delle   autonomie   locali   e   di
sussidiarieta': una volta esclusa la  possibilita'  di  incidere  sul
vincolo indotto dalla applicazione dell'art. 7, l.r. n. 32/2014 anche
tramite una modifica al piano urbanistico comunale, si  costituirebbe
una categoria di edifici completamente sottratti alla  pianificazione
urbanistica comunale, con la conseguente violazione delle  competenze
pianificatorie comunali da parte del legislatore regionale. 
    Si costituiva in giudizio la pubblica  amministrazione  intimata,
contestando l'ammissibilita' e fondatezza del ricorso  e  chiedendone
il rigetto. 
    Il  collegio  ritiene  di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale della norme di cui all'art.  7,  comma  3  della  l.r.
Liguria 7 febbraio 2008, n. 2 cosi come modificato dall'art. 4, comma
1, l.r. Liguria 11 maggio 2009, n. 16. 
    La  disposizione  sospetta   di   illegittimita'   costituzionale
stabilisce: «Le nuove strutture sono costituite  da  un'unica  unita'
immobiliare catastale, anche articolata in piu' edifici,  soggetta  a
specifico vincolo a R.T.A. e non possono essere oggetto di successivi
mutamenti di destinazione d'uso in  residenza,  pure  in  assenza  di
opere edilizie». 
    La norma, imponendo una destinazione produttiva  perpetua  ad  un
bene immobile, si pone in contrasto con gli articoli 3, 41 e 42 della
Costituzione. 
 
                              Rilevanza 
 
    La questione e' rilevante. 
    In via preliminare il Collegio osserva come, secondo un  costante
orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale,  «l'accertamento
della validita' dei presupposti di esistenza del giudizio  principale
e' prerogativa del giudice rimettente  (sentenza  n.  61  del  2012),
mentre  a  questa  Corte  spetta  verificare  esclusivamente  che  la
valutazione del giudice a quo sia avvalorata da «una motivazione  non
implausibile» (sentenza n. 270 del 2010; nello stesso senso, sentenza
n. 34 del 2010) e che i presupposti di esistenza  del  giudizio  «non
risultino manifestamente e incontrovertibilmente carenti» nel momento
in cui la questione e' proposta (sentenze n. 262 del 2015 e n. 62 del
1992)» (Corte costituzionale 20 luglio 2018, n. 170). 
    Oggetto  del  giudizio  a  quo  e'  la  valutazione   preliminare
rilasciata ai sensi dell'art. 35, comma 3, l.r. 6 giugno 2008, n. 16.
La norma stabilisce:  «Il  proprietario  dell'immobile  o  chi  abbia
titolo alla presentazione del permesso di costruire  ha  facolta'  di
richiedere allo SUE una valutazione  preliminare  sull'ammissibilita'
dell'intervento,  allegando   una   relazione   predisposta   da   un
professionista   abilitato,   contenente   i   principali   parametri
progettuali. La valutazione preventiva e' effettuata mediante  parere
da rendere entro il termine massimo di  quarantacinque  giorni  dalla
presentazione della relativa istanza. I contenuti  della  valutazione
preventiva sono vincolanti ai fini della presentazione  del  permesso
di  costruire  a  condizione  che  il  progetto  sia   elaborato   in
conformita' alle risultanze del parere». 
    Nella  specie,  la  ricorrente  ha   richiesto   la   valutazione
preliminare  di  cui  alla  norma  trascritta,  in  relazione  ad  un
intervento edilizio di  trasformazione  di  una  residenza  turistico
alberghiera in una destinazione residenziale. 
    La valutazione preliminare si e' espressa  in  termini  negativi,
sul presupposto della valenza ostativa assoluta della  norma  di  cui
all'art. 7, comma 3, l.r. 2/08. 
    In particolare l'amministrazione ha evidenziato che: 
        a) «la normativa vigente conferma un  divieto  di  cambio  di
destinazione d'uso verso la destinazione residenziale», 
        b) «tale  vincolo  non  (sia)  suscettibile  di  modifiche  o
interpretazioni da parte  della  scrivente  amministrazione  comunale
derivando dalla sopra citata normativa regionale e che quindi non sia
possibile formulare varianti o modifiche del PUC in palese  contrasto
con una normativa regionale» 
        c) il «vincolo incide solo verso la destinazione residenziale
lasciando liberta' al soggetto attuatore di convertire l'immobile  in
tutte le altre destinazioni ammesse nella zona dal PUC» 
        d)  «questo  ente  non  e'  legittimato   a   verificare   la
costituzionalita' delle normative regionali,  peraltro  sottoposte  a
vari controlli in tal senso dagli organi di Stato, dovendosi limitare
alla loro applicazione», 
    Alla luce  del  tenore  della  valutazione  preliminare  e  della
normativa cui ha fatto riferimento  l'eccezione  di  inammissibilita'
del ricorso, per non avere il parere impugnato efficacia  attualmente
lesiva delle  posizioni  soggettive  della  ricorrente,  deve  essere
disattesa. 
    Da  un  primo  punto  di   vista   occorre   rilevare   come   la
giurisprudenza  amministrativa   abbia   costantemente   ammesso   la
impugnabilita' dei pareri che realizzano un arresto procedimentale. 
    Dal secondo punto di  vista  la  valutazione  preliminare  ha  la
funzione di cristallizzare la posizione dell'amministrazione tanto e'
vero che i contenuti della valutazione sono vincolanti come  espresso
dalla norma trascritta. 
    Che tale vincolo sussista anche nel caso di valutazione negativa,
peraltro, deriva dall'applicazione dei principi di affidamento, buona
fede   e   leale   collaborazione   non   essendo    credibile    che
l'amministrazione muti il  proprio  avviso  a  seconda  del  tipo  di
richiesta  (di  valutazione  preliminare  ovvero   di   permesso   di
costruire) presentata dal privato. 
    Da ultimo, il vincolo derivante dal tenore assoluto  della  norma
di legge regionale invocata dall'amministrazione rende  manifesta  la
immodificabilita' del contenuto della valutazione preliminare. 
    Ne  consegue  la  lesione  della   posizione   soggettiva   della
ricorrente e la ammissibilita' del ricorso. 
    Cio' posto l'esame della norma trascritta evidenzia la  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale. 
    Invero, la norma in questione introduce una preclusione  assoluta
e illimitata alla possibilita'  di  cambiare  la  destinazione  d'uso
della residenze turistico alberghiere in abitazioni. 
    Poiche'  la  ricorrente  ha  precisamente   chiesto   di   potere
trasformare l'immobile de quo in una struttura abitativa e'  evidente
che il giudizio non possa  essere  definito  indipendentemente  dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 
    Ove, infatti, la questione di legittimita'  costituzionale  fosse
accolta  nessuno  ostacolo   si   frapporrebbe   alla   realizzazione
dell'intervento edilizio richiesto, atteso che la posizione  negativa
dell'amministrazione e'  fondata  esclusivamente  sulla  disposizione
legislativa sospettata di illegittimita' costituzionale. 
    Ove, al contrario, la questione di illegittimita'  costituzionale
fosse ritenuta inaccoglibile il ricorso dovrebbe  essere  respinto  e
l'intervento edilizio ne resterebbe definitivamente precluso. 
 
                     Non manifesta infondatezza 
 
    La questione e' non manifestamente infondata. 
    Violazione dell'art. 41 della Costituzione. 
    La norma trascritta preclude il mutamento verso  la  destinazione
d'uso residenziale degli immobili aventi la particolare  destinazione
d'uso a residenze turistico alberghiere (RTA). 
    Tale vincolo ha  natura  perpetua,  non  essendo  previsto  alcun
termine di efficacia, ne' alcuna procedura di svincolo. 
    Con il che la norma introduce un  vincolo  a  destinazione  d'uso
produttivo perpetuo e illimitato. 
    Deve infatti rilavarsi come  le  destinazioni  d'uso  contemplate
dall'art. 23-ter decreto del Presidente della Repubblica n.  380/2001
siano le seguenti: «a) residenziale; a-bis)  turistico-ricettiva;  b)
produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale». 
    In Liguria l'art. 7 della l.r. 7 aprile 1995, n. 25 contempla  le
seguenti  categorie  di  destinazioni  d'uso:   «a)   residenza;   b)
ospitalita' e  ricettivita'  alberghiera,  all'aria  aperta,  nonche'
extralberghiera ai sensi della vigente legislazione  in  materia;  c)
distribuzione al dettaglio; d) uffici; e)  edifici  per  l'industria,
l'artigianato, la movimentazione e la distribuzione  all'ingrosso  di
merci; f) autorimesse, rimessaggi, depositi e simili; g)  servizi  di
uso privato». 
    Dall'elenco  trascritto  risulta  evidente  come,  a   parte   la
destinazione rurale, che nel caso di  specie  non  rileva,  tutte  le
altre destinazioni d'uso, diverse  dalla  residenza,  abbiano  natura
produttiva. 
    Pertanto l'avere precluso agli immobili aventi destinazione d'uso
residenza turistico alberghiera la possibilita' di un mutamento verso
la destinazione residenziale ha introdotto un vincolo di destinazione
produttiva, o comunque commerciale, perpetuo e illimitato. 
    Con cio' si e' introdotto un irragionevole vincolo alla  liberta'
di iniziativa economica privata. 
    Invero se  pure  la  legge  puo'  determinare  i  programmi  e  i
controlli opportuni affinche'  l'attivita'  economica  privata  possa
essere indirizzata e coordinata a fini sociali,  tali  strumenti  non
possono risolversi nel sacrificio totale della liberta' di iniziativa
economica stessa. 
    La liberta' economica, infatti, deve essere intesa non  solo  nel
senso positivo del suo esplicarsi ma anche in quello negativo del suo
non esplicarsi, ovvero cessare di esplicarsi,  quando  le  condizioni
siano tali da sconsigliarlo. La valutazione se proseguire o meno  una
attivita' non puo' che essere rimessa alle scelte dell'imprenditore e
costituisce espressione della sua liberta' di impresa. 
    La giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato, fin da
tempi risalenti, che l'art. 41 della Costituzione «enuncia sul  piano
costituzionale  la  liberta'   economica   nella   sua   fondamentale
manifestazione di liberta' di iniziativa economica e privata, che  si
traduce nella possibilita' di  indirizzare  liberamente,  secondo  le
proprie convenienze, la propria attivita' nel campo economico» (Cort.
Costituzionale 26 gennaio 1957, n. 29) e che la garanzia posta  dalla
norma   costituzionale   riguarda   non   solo   la   fase   iniziale
dell'attivita' ma anche i  successivi  momenti  del  suo  svolgimento
(Cort. Costituzionale 23 aprile 1965, n. 30). 
    Tale liberta' puo'  essere  compressa  per  ragioni  di  utilita'
sociale,  ma  tale  vincolo  non  puo'  che  essere   determinato   e
ragionevole nella sua durata non  potendosi  esprimere,  come  invece
avviene nel caso di specie, senza limiti di tempo. 
    Nel caso in esame, infatti, da un lato  le  ragioni  di  utilita'
sociale del mantenere una destinazione produttiva diversa  da  quella
della residenza  alberghiera  in  immobili  con  vocazione  ricettiva
appaiono di non agevole comprensione e dall'altro  lato,  aspetto  di
maggiore conflitto  con  i  valori  costituzionali,  il  vincolo  non
subisce alcuna limitazione temporale. 
    Violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Il legislatore regionale ligure con  la  coeva  l.r.  7  febbraio
2008, n. 1 ha imposto un vincolo alle strutture alberghiere analogo a
quello oggi sub iudice. 
    In particolare e' stato disposto dall'art. 2, comma 1, l.r.  1/08
«Dalla data di entrata in  vigore  della  presente  legge  e  per  il
periodo di vigenza dell'elenco di cui al comma 1-ter, sono soggetti a
specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo,  con  divieto  di
modificare tale destinazione se  non  alle  condizioni  previste  dal
comma 2,  gli  immobili  sedi  degli  alberghi  e  le  relative  aree
asservite e di pertinenza». 
    L'art. 2, comma 2. l.r. 1/08 ha, tuttavia, previsto che in alcune
ipotesi, il vincolo possa essere rimosso. 
    «I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al comma
1 possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o
aggregata,  al  comune  territorialmente   competente,   motivata   e
documentata istanza di svincolo  con  riferimento  alla  sopravvenuta
inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto  alle  esigenze  del
mercato, basata su almeno una delle seguenti  cause  ed  accompagnata
dalla  specificazione  della  destinazione  d'uso  che   si   intende
insediare: a) oggettiva impossibilita'  a  realizzare  interventi  di
adeguamento complessivo  dell'immobile,  a  causa  dell'esistenza  di
vincoli     monumentali,     paesaggistici,     architettonici     od
urbanistico-edilizi non superabili,  al  livello  di  qualita'  degli
standard alberghieri e/o  alla  normativa  in  materia  di  sicurezza
(quali accessi, vie di fuga,  scale  antincendio  e  simili)  e/o  di
abbattimento delle barriere architettoniche;  b)  collocazione  della
struttura  in   ambiti   territoriali   inidonei   allo   svolgimento
dell'attivita'  alberghiera,  con  esclusione  comunque   di   quelli
storici,  di  quelli  in  ambito  urbano  a  prevalente  destinazione
residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300  metri
dalla costa». 
    Con riferimento alle RTA,  invece,  il  vincolo  risulta  imposto
senza limiti di tempo e senza alcuna possibilita' di rimozione. 
    Poiche' alberghi e  residenze  turistico  alberghiere  hanno  una
comune  natura  ricettiva  e   presentano   numerose   analogie,   la
discriminazione attuata dal legislatore  regionale  ligure  confligge
con il canone di  cui  all'art.  3  della Costituzione,  non  essendo
rinvenibile alcuna ragione giustificatrice  del  diverso  trattamento
riservato alle due tipologie di strutture. 
    Violazione dell'art. 42, Costituzione. 
    La  disciplina  in  esame   confligge   con   l'art.   42   della
Costituzione. 
    L'imposizione di un vincolo di destinazione produttiva su  di  un
bene, senza alcun limite temporale, realizza una espropriazione delle
facolta'  inerenti  alla  proprieta',  in   particolare   quella   di
godimento, senza alcuna previsione di indennizzo. 
    La giurisprudenza  costituzionale  ha  piu'  volte  affermato  il
principio del necessario  indennizzo  nel  caso  di  reiterazione  di
vincoli urbanistici che comportino  l'inedificabilita'  (sentenze  n.
243 del 2011; n. 314 del 2007; n. 167 del 2009; n. 179 del 1999 e  n.
262 del 1997). 
    In materia di vincolo alberghiero poi la Corte costituzionale  ha
espresso l'avviso secondo il quale una eccessiva durata dello  stesso
si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza e eguaglianza
(Corte costituzionale 28 gennaio 1981, n. 4). 
    In generale, ogni  soppressione  delle  facolta'  essenziali  del
diritto  di  proprieta'  per  essere   costituzionalmente   legittima
richiede alternativamente una durata temporalmente limitata ovvero la
previsione di un indennizzo. 
    Nella specie difettano entrambi i requisiti onde il conflitto con
l'art. 42 della Costituzione.